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Data di pubblicazione: 30 Gennaio 2023
Infatti, il rientro dalla maternità può essere faticoso per svariati motivi.
Sarà che con la maternità cambiamo noi, sarà che in genere passa qualche mese dal parto al ritorno all’operatività, ma il fatto è che quando torni c’è sempre una fase di riadattamento, che può comprendere colleghi nuovi, nuovi processi, nuovi software da utilizzare, nuove abitudini o nuove regole.
Ognuna di noi, quando diventa Mamma, spende tante energie per destreggiarsi tra la cura del bambino, le nuove responsabilità, l’accettazione di un corpo in cui non si riconosce, le dinamiche di coppia improvvisamente destabilizzate, e un senso di isolamento e smarrimento che probabilmente non abbiamo mai provato prima.
Ancora prima del primo giorno, un po’ come quando da ragazza sai che stanno per finire le vacanze, conti i giorni e hai un’eccitazione nervosa addosso, noi mamme cominciamo a pre-occuparci del ritorno: ora che ci stavamo abituando al nostro nuovo ruolo, ora che l’allattamento non dà più problemi, ora che il bambino dorme qualche ora in più di seguito, ecco un nuovo Tsunami a travolgerci: il ritorno in ufficio.
Questo ritorno vuol dire moltissime cose: da una parte vestirsi, truccarsi, rispettare un orario preciso, poter finalmente parlare con degli adulti, ricominciare a guadagnare, ma dall’altra vuol dire distaccarsi dal bambino per molte ore di seguito, far finta di seguire le riunioni quando la testa e gli ormoni continuano a spingerci da un’altra parte, sentirsi stanche come mai prima, non riuscire a stare concentrate più di dieci minuti, controllare il telefono 1000 volte al giorno, sentirsi in sovraccarico mentale, ma non per questo produttive.
Il periodo del ritorno dopo la maternità è subdolo e se gestito senza consapevolezza rischia di creare in noi spiacevoli meccanismi di auto-sabotaggio.
Io l’ho vissuto in prima persona, non ho cercato aiuto, e ne sono rimasta vittima. Manager decisamente in carriera, dopo la prima maternità sono andata avanti come un treno, mettendo a tacere il senso di colpa e l’insoddisfazione. La seconda maternità, però, non mi ha dato scampo. La mia autostima era ormai a terra e a parte lo stipendio, non sapevo più perché stessi facendo quel che facevo, e quindi ogni imprevisto mi confermava che non fosse la mia strada.
Non è un caso che sia diventata Coach e che oggi, da mamma di 4 figli, lavoratrice, io abbia deciso di accompagnare le donne che sono in questa specifica fase della loro vita. Non posso sapere che scelte avrei fatto se fossi stata accompagnata con un percorso di coaching, ormai dieci anni fa. Forse avrei cambiato strada comunque, ma le mie scelte sarebbero state dettate da una conoscenza consapevole della mia situazione, e non da un fluire violento di emozioni e senso di inadeguatezza.
Come Coach, sento spesso donne minimizzare competenze e qualità che fino all’anno prima erano state addirittura premiate. Le sento colpevolizzarsi per non essere più affidabili o focalizzate “come prima”. Le sento sminuire percezioni personali, prendere decisioni poco intenzionali ma dettate da pregiudizi radicati dentro di sé. Le vedo perdere motivazione o rinunciare alla loro crescita professionale perché “ormai sono mamme”.
Attraverso un percorso di coaching, una Mamma viene guidata per guardarsi dentro, e così valorizza risorse vecchie e nuove, impara a ridare la giusta importanza agli step fatti fino a quel momento. Il coaching ti fa ri-partire dalla consapevolezza di chi sei, di ciò che sei già stata in grado di fare, dei tuoi valori e dei tuoi talenti. L’obiettivo è costruire il nostro futuro non con ciò che resta di quella che ero pre-maternità, ma con ciò che sono diventata oggi: una donna, Mamma, professionista, consapevole di ciò che vuole, di dove vuole andare, dei suoi limiti ma anche dei suoi super poteri.
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Elisabetta
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