Autostima  -  
Pillole di Felicità  -  
Data di pubblicazione: 9 Gennaio 2023
La maggior parte di noi è stata educata con gli input di ciò che “non potevamo fare” e questo ci è rimasto impresso nella ns. mente e nelle ns. azioni.
“Non correre perché cadi”; “non ti sporcare perché fai una figuraccia”; “non hai fatto un buon compito”. Crescendo abbiamo sviluppato tutte queste limitazioni e, probabilmente, ne abbiamo acquisite molte altre.
Nel lavoro, ad esempio, spesso, dobbiamo difenderci dal concetto di “colpa” e “di giudizio”, nel caso in cui un lavoro, progetto, un accordo, una commessa, non abbia avuto l’esito sperato. Automaticamente siamo alla ricerca del colpevole. “Il collega non ha fatto”, “non ha detto”, “non si è impegnato” ecc, come se scovare il colpevole portasse ad una soluzione reale e concreta. In verità, il pensiero “non è colpa mia” ci alleggerisce, semplicemente perché abbiamo sviluppato nella ns. mente tante barriere limitanti.
Nella vita corrente, tutte queste limitazioni mentali si pongono l’obiettivo di proteggerci.
Ma nonostante che lo scopo sia lodevole, in realtà, senza che ce ne accorgiamo neanche troppo, ci bloccano. Rimaniamo nella ns. comfort zone per anni, auto-convincendoci che stiamo bene, che non ci manca niente e che siamo fortunati. Talvolta però avvertiamo un malessere, un momento di solitudine, di insofferenza, e quello è il momento per fermarsi un attimo ed ascoltarci per capire chi siamo veramente e cosa vogliamo.
Per ritornare all’esempio dell’ambiente di lavoro, pensate ad un luogo dove non esiste la cultura della colpa e del giudizio, ma è richiesta l’assunzione del senso di responsabilità e di consapevolezza del proprio lavoro; dove se un collega non raggiunge il risultato auspicato, si vanno a cercare soluzioni, analizzando cosa ha funzionato e cosa puo’ essere migliorato. E’ piuttosto scontato comprendere quale lavoratore, sarà più motivato e più spinto a provare nuove sfide.
In realtà, la paura non esiste, e, soprattutto, non è reale.
Esiste un sentimento che dobbiamo imparare ad usare, perché abbattendo le ns. barriere limitanti potremmo realizzare i ns. sogni e diventare veramente ciò che siamo.
Nel coaching si lavora su questo, e dove il cliente vede la ghianda, il coach riesce già a vedere la quercia. Perché, ognuno di noi, nella ns. unicità, abbiamo moltissime risorse da sviluppare e la possibilità di realizzare ciò che riusciamo a sognare. Nel coaching si fanno domande potenti che inducono il cliente a riflettere profondamente, fino a portarlo a capire che, nel futuro può diventare una quercia.
Per raggiungere questa consapevolezza, dobbiamo lavorare molto su noi stessi, ed arrivare a considerare la paura, un prezioso alleato. Questo sentimento ci pone in una situazione di Alert; dobbiamo imparare ad usare questo Alert, per essere più concentrati ed attenti. Questo è il lato della paura che considero un prezioso alleato, cioè quello da usare come strumento sfidante.
Ci siamo mai chiesti se i campioni – tennis, calcio, atletica ecc – abbiano paura? Ho letto che, una volta Bjorn Borg confessò al suo coach di avere paura di giocare a rete.
Il suo coach gli rispose: se hai paura di fare una cosa, falla. Vai a rete ad ogni occasione che ti si presenta.
“Puo’ darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.”
Martin Luther King”.
Un abbraccio.
Monica
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